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05 Dic

Cap.5-6: La vita ci piega sotto il peso dei doveri quotidiani e le sofferenze degli anni che scorrono e poi, che sia per amore, per pietà o per ca-so, spesso, ci sostiene.

Al mio risveglio, non c’era traccia dell’eremita. Fuori dalla grotta il ghiaccio si era depositato su ogni oggetto assumendone la forma.

Un po’ più in là, vicino alla parete della montagna, davanti ad una roccia velata da una tenda di stalattiti di ghiaccio, mi incantai davanti ad una vera scultura realizzata completamente da madre natura.

Era solo un piccolo filo d’erba coperto dal ghiaccio. Catturò la mia attenzione per non so quanti minuti. Era appena più alto del palmo di una mano.

La pianta si era curvata, piegata a novanta gradi per il peso del ghiaccio. Poi, per amore, per pietà o per puro caso, lo stesso ghiaccio che l’aveva piegata, alternandosi tra acqua e ghiaccio, si era sciolto al punto giusto, giusto il necessario per fornirle una stalattite a mo’ di bastone che raggiunse la terra per aiutarla a sostenere il suo peso.

Mi fece venire in mente la sagoma di un vecchio che, sorretto dal suo bastone, procede comunque nel cammino, malgrado il peso degli anni che lo piega in due.

Non è così che si comporta la vita con noi? Ci piega sotto il peso dei doveri quotidiani e le sofferenze degli anni che scorrono e poi, per amore, per pietà o per caso, spesso, ci sostiene.

Conscio della fragilità di questo capolavoro ancora più effimero di un papavero appena colto, presi la mia macchina fotografica e, scatto dopo scatto, immortalai ogni dettaglio di quella splendida mattinata.

Il fondovalle era coperto dalla foschia del mattino. A giudicare dell’altitudine delle montagne che ci circondavano, il sole non l’avrebbe scacciata prima delle dieci o delle undici. All’improvviso, l’eremita sbucò da un angolo dietro la grotta. Aveva una zappa in mano.

“Sabah el Kheir [1]….” Oh! Mi ero nuovamente sbagliato. Avevo voluto salutarlo e chiedergli cosa potevo fare per lui, ma il suo sorriso mi rinfrescò la memoria e ricambiai il saluto con un largo sorriso. Come ci si può esprimere senza parole? Come si può aiutare quando non si sa cosa fare?

Lasciai le domande esistenziali per un’altra più concreta: “Cosa c’è dietro quell’angolo?”

Aveva costruito delle piccole terrazze su queste pareti ripide. Aveva trasformato delle rocce sterili in una terra fertile. Aveva piantato degli alberi da frutto e qualche ulivo, curato un piccolo orto e l’aveva protetto dal gelo con l’amore e i pochi mezzi a disposizione. I raggi del sole iniziavano a scaldare l’aria e si riflettevano sull’acqua ghiacciata di una vasca scavata nella pietra. Era il suo serbatoio naturale per raccogliere l’acqua piovana.

Dopo un’ora abbondante all’insegna della scoperta, tornai nell’intento di dargli una mano, magari a dare una zappata al terreno o pulire l’orto. Però arrivai tardi. Era già inginocchiato verso il sole, e pregava. Ovviamente, non era il caso di disturbarlo.

I suoi movimenti erano insoliti, non tipicamente da prete, ma, visto che la mia esperienza in materia di preghiere era povera -anzi alle volte saltavo le lezioni di religione- pensai che gli eremiti avessero un rituale diverso.

Feci un segno della Croce per solidarietà e consultai per riflesso il mio orologio.

Le lancette avevano oltrepassato da poco le dodici. Allora, sempre con l’intento di rendermi utile, entrai nel rifugio per preparare il pranzo o almeno la tavola, ma, ancora una volta, mi aveva preceduto. L’acqua nella pentola stava già bollendo sul fuoco di una specie di camino.

Fu la prima volta che vidi la grotta alla luce del giorno. Mi misi a curiosare intorno. C’era il minimo necessario: un letto, due sedie, un tavolo e il camino. Una lampada ad olio era incastrata in una nicchia nel muro già annerito dalle fiamme di tante candele.

Sulla parte opposta c’era un’altro incavo, con la sua lanterna e il suo alone nero di carbone e, sotto, un tavolo pieno di libri.

“Libri?” mi chiesi. “In questo luogo lontano da qualsiasi civiltà mi aspettavo di trovare di tutto, tranne che libri!”

Non c’erano solo libri di religione come la Bibbia, il Vangelo o il Corano, ma altri manoscritti di poeti e di filosofi che avevano vissuto in queste valli. C’erano libri di Gibran Kahlil Gibran, Alphonse Lamartine, François Xavier, Ernest Renan e ancora di altri più recenti come Coelho, De Mello, ecc…

Sorpreso dall’ingresso dell’eremita, mi dimenticai della parola d’ordine: NON Parlare, e senza riflettere, chiesi: “Cosa posso fare per lei?” .

A giudicare dal suo sguardo sentii che anche questa volta mi aveva perdonato, ma, ahimè, ebbi l’impressione che sarebbe stata l’ultima volta.

Mi ricordai delle parole del padre superiore del monastero: “Impara a comunicare senza l’uso delle parole”.

Prese due piatti da una mensola, due cucchiai di legno e un bricco[2] di terra cotta. Poi portò la pentola di fagiolini fumanti ed un’altra di riso e si mise a tavola. Il minuto di raccoglimento prima di mangiare mi fece capire che era il momento di ringraziare il Signore per il pane quotidiano.


[1] Sabah el Kheir (صباح الخير) Buongiorno, o Buona giornata

[2] Ibbrik (أبريق): Un bricco tipico della zona del Medio Oriente. Per motivi d’igiene, è provveduto con un beccuccio laterale che permette di bere direttamente senza toccare con la bocca. Normalmente è realizzato in terracotta per mantenere l’acqua fresca.

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