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05 Dic

Cap.5-7: La bellezza allo stato puro!

Dopo il pranzo, lavò i piatti, prese un libro in lingua araba, e si mise a leggere. Io, invece, mi accontentai di osservarlo.

Era il mio primo giorno. Sentivo il bisogno di scoprire, di capire, di rendermi conto di dove mi trovavo, e soprattutto di sapere come comportarmi. Non volevo più fare gaffe.

Andai verso il tavolo dei libri ed esaminai attentamente la sua “biblioteca”, scelsi un libro di Anthony De Mello, un prete gesuita di cui non avevo mai sentito parlare.

Uscii all’aria aperta e andai a sedermi su una roccia riscaldata dal sole. Con il libro chiuso in mano, sentii la mia mente staccarsi dal mio corpo. Mise le ali e sorvolò la valle.

Mentre la mia anima volava da una cima all’altra, dalle grotte scavate dall’uomo alle terrazze millenarie che rigavano la valle, i miei occhi si soffermarono davanti ad un albero enorme, un cedro verde nato oltre tre o quattro mila anni prima.

I suoi rami, perfettamente orizzontali, erano tesi come se volessero abbracciare tutta la valle.

La sua forza vitale era immensa.

Quel cedro esprimeva un irresistibile desiderio di esporsi, senza meta; non occorrevano simboli, immagini o metafore per descriverlo; non c’era quel bisogno viscerale di confrontare tutto con delle associazioni d’idee.

Era bello. Era la bellezza allo stato puro.

Non credo di essere stato in silenzio. Avevo l’impressione di parlare con il cedro.

Comunicavo con la natura.

Respiravo la foresta. Non sprecavo più le energie.

L’aria mi attraversava fino alla pianta dei piedi.

Il mio corpo e il mio spirito erano in armonia con il ciclo della natura.

Non so quante ore trascorsi in quel stato d’estasi: due, tre? Non aveva più nessuna importanza. Il tempo perse il suo valore.

Uscendo dal mio incanto, fui colpito da un fatto che mi sconvolse e condizionò i miei pensieri per tanti anni successivi. Vidi l’eremita uscire dalla grotta e notai che si tolse le scarpe e, girando la schiena al tramonto, si mise a pregare.

Fu la prima volta che lo vidi prepararsi a pregare. Non fece nessun segno della Croce! Si inginocchiò su un piccolo tappeto, piegandosi fino a terra come per adorare la montagna!

“È Musulmano!”

Ma certo! non guardava né la montagna né il sole, bensì l’est: la direzione della Sacra Mecca.

L’eremita era Musulmano!

La mia prima reazione e il mio primo pensiero furono: “Come? Un prete Cristiano mi manda da un eremita Musulmano? Tutto questo è bizzarro!”

Ma poi, non avendo la facoltà della parola, provai a riflettere: “Perché no? Perché bisogna annegare nei pregiudizi? Chi ha detto che un eremita deve essere Cristiano? Ci sono stati eremiti Musulmani nella storia! Abbiamo lo stesso Vecchio Testamento, gli stessi Comandamenti, gli stessi Profeti, e soprattutto lo stesso Dio. Certo ci sono differenze che direi banali, ma la sostanza, la meta e il credo sono uguali”.

Per tanti anni a venire, riflettei sul gesto di Don Marwan e imparai ad apprezzare le ricchezze che provengano dalle diversità di ogni fede anziché la ricerca delle sostanziali identicità.

Ero ancora a bocca aperta quando si alzò per preparare la cena.

Misi le riflessioni da parte e decisi di aiutare. Andai verso il posto del nostro incontro della sera precedente, ma con un gesto poco percettibile capii che il fuoco l’avremmo fatto nel camino all’interno della caverna.

Dentro la caverna?

Allora, ieri? Perché abbiamo mangiato fuori nonostante il cattivo tempo?

Che abbia acceso il fuoco per me? Per indicarmi la strada?

Quindi aveva sentito le mie urla e imprecazioni!

Non sapevo come ringraziarlo.

Anche volendo, non c’erano parole adeguate per esprimere la mia gratitudine.

Dopo cena, mi misi a leggere il libro che avevo scelto nel pomeriggio. Ad un certo punto, un brano mi fece rievocare la bellezza del cedro che mi aveva rapito solo qualche ora prima.

Un testo che, con delicatezza, spazzò via pensieri e riflessioni e dolcemente, mi chiusi gli occhi:

L’India indù ha trovato un’immagine incantevole per descrivere il rapporto tra Dio e la sua creazione. Dio “Danza” la sua creazione. Lui è il danzatore, la creazione è la danza. La danza è diversa dal danzatore, tuttavia non può esistere senza lui. Anche volendo, non potete portarvela a casa in una scatola. Nel momento in cui il danzatore si ferma, la danza cessa di esistere.

Nella sua ricerca di Dio, l’uomo pensa troppo, riflette troppo, parla troppo. Anche quando guarda questa danza che chiamiamo creazione non fa altro che pensare, parlare, riflettere, analizzare, filosofare. Parole, parole, parole. Rumore, rumore, rumore.

Taci e osserva la danza. Non devi far altro che guardare: una stella, un fiore, una foglia che cade, un uccello, un sasso… Ogni frammento della danza va bene. Guarda. Ascolta. Odora. Gusta. E non ti ci vorrà molto a vedere Lui, il Danzatore stesso!

Antony De Mello – Il canto degli uccelli


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