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09 Feb

Cap.6-2: Quando si dà un nome ad una abitazione, essa diventa Casa

Nour, Hayat, Nidàl e Nabil, con il cuore in mano, viaggiano in macchina di nuovo tutti e quattro insieme.

Senza poche difficoltà, la paura e le conseguenze del trauma sono state superate dalla voglia di riprendere la vita normale. Comunque, a giudicare dalla velocità della macchina che non supera i quaranta chilometri all’ora, non si può dire che la paura sia del tutto passata.

Viaggiando da Beirut verso Byblos, cioè da sud verso nord, la mente di Nabil si lascia accarezzare dal tramonto che regala un paesaggio particolarmente romantico, con il sole che va a spegnersi ai confini del mare.

“Stiamo viaggiando esattamente sulla stessa strada su cui abbiamo subito quel maledetto incidente.”, pensa Nabil. “Questa volta la percorriamo a ritroso.”

“A ritroso,” si ripete “… nella direzione opposta. Spero che sia la svolta anche nella direzione delle disavventure.”

Se lo augura, poi si accorge subito che anche lui inizia a essere superstizioso. “Non so se debba iniziare a credere alle maledizioni, agli scongiuri o meno, ma Inshallah[1] che sia la svolta giusta.”

Lentamente e in silenzio, il veicolo si dirige verso quel piccolo paesino nel distretto di Byblos che si chiama Halat.

Le poche case dei suoi abitanti, di cui la maggior parte pescatori, sono costruite lungo una strada che porta verso la vecchia chiesa sulla cima di una collina che costeggia il mare. Halat ha anche il suo lato balneare e turistico che vive solo durante i mesi estivi. È una strada di pochi chilometri che costeggia la spiaggia con case o villette che si spopolano durante l’inverno.

Anche la sua famiglia fa parte di quegli abitanti stagionali. Avevano battezzato la loro piccola casetta “Chalet”.

Sarà un nome banale ma quando si dà un nome ad una cosa, qualsiasi nome a qualsiasi cosa, quest’ultima smette di essere inanimata e inizia a far parte della famiglia, e quando lo si dà ad una abitazione, essa diventa Casa.

Nabil con un occhio guida e con l’angolo dell’altro occhio guarda il sole tramontare, è quasi impossibile togliere lo sguardo dal mare quando il sole tramonta. Comincia a elaborare dei teoremi fantasiosi sulla possibilità o l’impossibilità di staccare lo sguardo dal mare. È sicuro che sia la magia del sole che attira l’occhio e non il mare. Di fatto, è il sole che si guarda all’alba. È la luce che nasce dal Monte Libano[2] che cattura il nostro sguardo.

Nidàl invece pensa al presente, a cose più concrete. La settimana che hanno trascorso non è tra le più belle della sua vita, anzi. Tra l’ustione di Farid e il loro incidente in macchina, sono stati messi a ferro e fuoco.

Adesso stanno andando nella direzione opposta a quella dell’ospedale e degli incidenti e, con un Inshallah ancora più sentito, si augura anche lei, che questo messaggio del destino sia un segno di svolta positiva.

Di punto in bianco, rompe il silenzio dicendo ad alta voce “Domani avremo un bel banchetto allo Chalet, e ci aspettano due settimane di divertimento e di relax”.

Nessuno risponde o trova l’affermazione della madre bizzarra. Tutti la pensano allo stesso modo, o almeno lo desiderano.

Saranno veramente finite le loro sfortune e le incredibili coincidenze?

Oppure è una tregua?

Tregua. Che brutta parola per chi ha vissuto i drammi della guerra.

Tregua, come quelle centinaia, se non migliaia, di tregue durante gli ultimi quindici anni, che portavano speranze di pace e festeggiamenti con tanti fuochi di gioia, per rimpiazzarli con fuochi d’odio, di morte e di combattimenti.

Sia tregua o fine delle ostilità, dopo un’ora abbondante di silenzio, Nabil, Nidàl, Hayat e Nour riescono ad attraversare i trentacinque chilometri che li separano da Halat.


[1] Inshallah ((أنشاء الله o “Se Dio Vuole”. È usata per sottoporre il successo dei programmi futuri alla volontà Divina, ma è anche usata (come in questo contesto) come formula di speranza e per augurarsi il meglio. È una semplice parola, ma solleva dai dolori tante persone e accende le speranze nel cuore di chi soffre.

[2] Per la precisione, è la Montagna del Kesserwan (كسروان), centro-nord del Monte Libano.

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