L’allegro che ritma la successione dei paesaggi piatti e verdi e alimenta i suoi pensieri a poco a poco lascia il posto ad un rallentando di palazzi grigi di cemento, sottolineando l’avvicinamento alla stazione di Milano, oramai l’aeroporto non è più così lontano.

Nabil si ridesta dai suoi pensieri e cercando di concentrarsi per non dimenticare nulla, richiama all’appello tutti i suoi bagagli. Un ultimo sforzo.

Durante la lunga coda Nabil si perde tra gli sguardi della gente che lo circonda. Si sorprende a rubare, qua e là, frammenti di conversazioni, sorrisi e sguardi che vedono al di là delle distanze. Tutti si sentono felici, come a Natale. Vietati i musi lunghi … La coda avanza lentamente.

“Passaporto e carta d’imbarco”.

“Scusi?”

“Passaporto e carta d’imbarco prego.” ripete meccanicamente l’ufficiale.

“Ah sì!” risponde Nabil.

Distolto dai suoi pensieri, una mano occupata dalla maniglia della valigia, l’altra dai documenti, il passaporto in tasca e la carta d’imbarco sotto braccio, fa cadere tutto. Per fortuna l’ufficiale è paziente e dà al maldestro il tempo di raccoglierli e tornare al mondo reale.

La sala d’attesa è piena e così pure il volo. Bambini, giocattoli e valigiette ovunque. Non si sa esattamente dove iniziano e dove finiscono le file. Tutti si spostano per le ferie, e non solo in aereo. Si rispecchia nelle persone che tornano a casa, là dove sono nati, per rivedere nonni e famiglie. Pensa alle autostrade farcite di macchine che percorrono l’Europa da nord a sud, da ovest ad est e realizza che non è l’unico essere al mondo a dover “sudare” questi 21 giorni.

“Ma qual è il filo invisibile che lega ciascuno al proprio paese, alla propria cultura e alle proprie origini?” sembrano chiedere gli occhi scuri di Nabil. “Cosa preme a compiere questo rituale malgrado le difficoltà economiche e organizzative?”

“Passaporto e carta d’imbarco prego!”. Una bella assistente di volo sorride a Nabil aspettando che torni dalla luna.