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23 Ott

Cap.1-4 Quando si soffre, ci si rende conto della malattia e ci si cura di conseguenza, ma quando non si avvertono i sintomi della malattia, non si è mai sicuri di essere sani!

Il giudice dell’aeroporto è una signora di mezza età, seduta dietro una scrivania piena di fascicoli e lettere perfettamente in ordine. L’elegante tailleur scuro incornicia un viso pallido ma sereno i cui lineamenti sembrano essere meno severi della postura volutamente impettita che ha assunto. L’atmosfera dell’ufficio è seria e sobria.

Dopo il rapporto degli ufficiali e un breve interrogatorio, il giudice chiede le informazioni necessarie per identificare Nabil. Le risposte sono veloci proprio come le domande: nome, cognome, data di nascita, cittadinanza…

“Come libanese?… Lei è libanese?” si informa la signora giudice.

“Ecco, ci siamo… una bella cella non me la toglierà nessuno”, pensa Nabil, per poi rispondere a bassa voce:

“S… s… sì”

Contrariamente alle sue aspettative, il giudice sfoggia un sorriso distensivo e dice “Ah sì?… Ha la carta d’identità libanese?”

“Sì… eccola!”

E sempre con la sua espressione seria, il giudice cambia bruscamente argomento:

“Com’è la situazione a Beirut? Dicono che la guerra sia finita, che ci sia la pace. È vero?”

“Emh sì…Cioè no, volevo dire…cioè sì e no…la situazione non è chiara…”

Non sa cosa sta dicendo, cosa sta pensando. Tutto è così veloce, così irreale. Ha bisogno di qualche attimo per riaversi. Riprende fiato e risponde:

“Volevo dire che la guerra è finita, sì, è vero, ma non si sa il perché. Tra l’altro non si sa neanche perché abbia avuto inizio. I cosiddetti Cristiani e i cosiddetti Musulmani si sono ammazzati per vent’anni, e adesso, da un giorno all’altro, vivono pacificati.”

Più parla e più riprende fiducia in se stesso e in chi gli sta accanto.

“Non so se questa guerra, o meglio follia, sia finita … me lo auguro. La guerra è come una malattia mentale. Quando uno soffre, si rende conto della sua malattia e si cura di conseguenza, ma quando uno è sano, quando non ci sono i sintomi visibili della malattia, non si è mai sicuri di essere guariti. Quando uno sta bene, non può mai essere sicuro di essere veramente sano! Da un lato regna la pace, dall’altro le armi sono ancora nelle mani delle milizie. Il nostro sud è ancora occupato da Israele, il nostro Nord e Nord Est dalla Siria e solo quel poco che rimane del Libano entra nel suo primo anno di pace. Ma la pace è così bella che l’accettiamo senza nessun ma e nessun perché. Siamo stanchi delle guerre.”

Continua più sicuro di sé stesso. “Siamo stanchi dei terroristi piazzati sotto casa. Badi che non sto parlando di partigiani che lottano per recuperare la loro terra ma proprio di terroristi, di mercenari assoldati per uccidere degli innocenti!”

Intanto il giudice ha scritto qualche riga: “Tenga… Vada in aereo… la sua famiglia l’aspetta…” E sorridendo gli consegna i documenti provvisori che gli permetteranno di passare quei 21 giorni fuori dall’Italia e rientrare senza difficoltà.

Con i documenti in mano Nabil corre verso la sala d’imbarco. Sul suo tragitto, passa davanti alla zona franca e vede all’ingresso una pila di cesti.

“I cesti… Ma sì, il cesto che avevo per la spesa..”

Senza esitare, entra e controlla tutti cesti, uno ad uno.

“Eccoli”, urla Nabil. I documenti sono in un cesto tra le varie pile.

Lasciando tutto in disordine e, gambe in spalla, corre in direzione della porta B3 e verso l’hostess che lo sta aspettando.

Si fa controllare i documenti del giudice, e sale sull’aereo.

Ora Nabil è alle prese con un’altra situazione meno pericolosa ma molto imbarazzante. Centoventi paia di occhi lo fissano: hanno sofferto un’ora di ritardo, hanno trascorso un’ora di attesa, in pieno calore di agosto, dentro una cabina d’aereo sotto un sole cocente, senza aria condizionata e senza permesso di uscire. Centoventi persone che adesso realizzano perché e per colpa di chi hanno dovuto subire questa tortura. Vorrebbe sprofondare. Sente il sudore colare sul suo viso. La camicia è bagnata fradicia. Non riesce più a sopportare gli sguardi su di lui. Non riesce più a sopportare nemmeno se stesso.

Appena raggiunge il posto, Nabil si accascia come un cane bastonato, ringraziando comunque il buon Dio per aver preso il volo. Tra meno di quattro ore sarà assieme alla sua famiglia.

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