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24 Ott

Cap. 2-1 Beirut, un lembo di terra che si bagna nel Mar Mediterraneo, proteso verso l’orizzonte come alla ricerca di un futuro migliore.

“Quant’è facile farsi dei pregiudizi sulla gente.” pensa mentre consuma il menu riscaldato del volo, “mi vedevo emarginato, incompreso direi quasi rifiutato, invece sono stato aiutato! Quanti casi di razzismo e di terrorismo ci sono solo per semplici incomprensioni e mancanza di comunicazione?” 

Il pranzo offre un diversivo a passeggeri e staff che si dimenticano del ritardo e di Nabil. Alla vista delle montagne, perfino lui si dimentica della figuraccia fatta. Per sua fortuna si trova accanto ad un finestrino sul lato sinistro del volo, la posizione ideale per vedere tutta la costa e godersi il paesaggio della sua terra che si avvicina piano piano. Ammira Sannine, la montagna di oltre 2600 metri che sovrasta Beirut e la costa, imbiancata di neve per quasi tutti i mesi dell’anno. Probabilmente è lei che ha ispirato il nome del Libano: Lub’nàn

Poi Beirut, un lembo di terra che si bagna nel Mar Mediterraneo proteso verso l’orizzonte come alla ricerca di un futuro migliore.

La terra si fa vicina e le immagini scorrono veloci, così come i suoi pensieri. “Che strana sensazione! Sono passati sette anni. Sette anni di assenza che sembrano secoli. Ho lasciato i miei amici marcire da soli in questa guerra maledetta, tutti gli amici, quelli che l’hanno combattuta e quelli che l’hanno subita. È vero che durante questi anni ho seguito tutte le notizie e nel mio cuore sentivo il fischio dei missili. È vero che nella mia mente ho rivisto i colleghi della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa accorrere ad ogni richiesta d’aiuto. Ma non è la stessa cosa. Io non c’ero. Non ero con loro. Non ho rischiato la pelle come hanno fatto loro. Li ho lasciati e me ne sono andato. Sono un codardo!”

Il mare, il porto, i giardini delle università, gli alberghi di lusso e i grattacieli visti dall’alto danno alla città un fascino singolare. Non si direbbe che è appena uscita da una guerra feroce che l’ha distrutto per oltre quindici anni. Un minuto dopo però, Nabil viene smentito da se stesso quando l’aereo vola sopra le baracche e le case abusive dei campi profughi che contornano l’aeroporto.

“Ma guarda questo… Guarda queste schifezze! Proprio all’ingresso della MIA città! La porta principale del MIO paese ridotta così! Ridotta a baracche, sporcizie e povertà!”

“Ma sei scemo? Cosa vuoi fare? Un altro massacro Sabra-Sciatila[2]? Vuoi sterminare tutti in nome della bellezza dell’ingresso della TUA città? Ma chi credi di essere? Un altro Hitler? Tu stai guardando l’aspetto esterno e non la gente che ci vive, che ci muore, anime che sognano e che lottano per tornare a casa loro!”

Nabil discute, anzi, litiga con se stesso, quando il suo animato conflitto interno viene interrotto dal botto delle ruote dell’aereo sul suolo e dagli applausi dei passeggeri. Non si sa se siano più contenti per il brivido di raggiungere la loro terra o per un sano e perfetto atterraggio con un aereo vecchio di venticinque anni.

Di nuovo alle prese con le code, passa tutti i controlli: il controllo libanese dei passaporti, il controllo siriano del controllo libanese dei passaporti, il controllo dei servizi segreti siriani del controllo siriano del controllo libanese. E così si trova fuori dall’aeroporto e si dirige verso una caotica folla di parenti che non ha il permesso di entrare nel recinto dell’aeroporto per mancanza di adeguati controlli.


[1] Lub’nàn لبنان : Due Parole semite che significano “Il Monte Latteo” o “Bianco” per via della somiglianza tra i massicci montuosi coperti di neve e il colore del latte. L’articolo “IL” ha la sua importanza ed è usato quasi sempre (in Inglese The Lebanon e non solo Lebanon o in Italiano Il Libano). Un’altra ricostruzione etimologica riporta che il termine Lubnān, utilizzato a partire dall’ottavo secolo, deriverebbe dalla radice araba trilitterale l-b-n, (ossia latte o yogurt). Questa teoria non è confermata perché la parola “Lubnàn” è stata riportata tre volte nelle dodici tavole dell’epica di Gilgamesh (2900 AC) e 71 volte nel Vecchio Testamento e nel Vangelo.

[2] Duemila abitanti palestinesi e libanesi dei due campi di Sabra e Sciatila (صبرا و شتيلا), alla periferia ovest di Beirut, vennero massacrati dal 16 al 18 settembre del 1982 sotto la supervisione e con il sostegno logistico dell’esercito israeliano che aveva occupato da poche ore Beirut.

2 Responses to “Cap. 2-1 Beirut, un lembo di terra che si bagna nel Mar Mediterraneo, proteso verso l’orizzonte come alla ricerca di un futuro migliore.”

  1. Gino Says:

    Complimenti..Ben scritto e ben trattato l’argomento..nel farvi i complimenti per come trattate i vari argomenti volevo segnalarvi il forum di Sicilianodentro.Sito salvato tra i preferiti.

  2. Giuseppe Says:

    Ottimo articolo. Complimenti per come avete trattato l’argomento..volevo segnaarvi il forum di Sicilianodentro dove è nata una bella collaborazione tra gli iscritti. A presto