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03 Nov

Cap. 2-4: In guerra, la vita e la morte dipendono da una beffarda fatalità!

Trenta chilometri separano la casa di Nabil da quella del fratello. A dire il vero, non ci sono case che appartengono a uno o all’altro dei componenti della famiglia: i nonni si occupano delle proprietà durante tutto l’anno nonostante il conflitto e le difficoltà economiche; e quando suona l’ora dell’incontro, l’ora dei “21 giorni”, tutti e quattro i fratelli e le sorelle tornano con le loro famiglie e ci si arrangia come si può condividendo i posti letto, le automobili e le altre risorse.

Viste le ustioni e la necessità di assistenza ospedaliera, la casa in centro città è stata assegnata al fratello, mentre gli altri si sono insediati a Byblos[1], in riva al mare, in una casa cullata dal dolce infrangersi delle onde sulla spiaggia.
Lungo la superstrada che li separa, Nabil vive l’inferno del traffico urbano: macchine che viaggiano su cinque, sei o otto file disposte su una strada progettata per due corsie e mezzo, si sorpassa a destra, a sinistra, sopra, sotto, macchine vecchie e rotte che sfiorano le carrozzerie lucide di quelle lussuose, clacson da tutte le parti e, come se non bastasse, qualche automobilista guida contro mano.
“Che schifo di guida! Qui nessuno rispetta nessuno!” Parlare con se stesso è l’unico modo possibile per sfogare la sua ira.
Malgrado tutto ciò e nonostante i nervi a pezzi, arriva a destinazione sano e salvo.
“Buongiorno dottore… Come vanno le tue ustioni?”
“Bene! Ti salutano…”
“Vedo che non hai perso il tuo sense of humor. Come hai passato la tua prima notte? Accaldato, eh?”
“In coma… cosa vuoi…. i dolori erano così intensi che mi hanno imbottito di quintali di antidolorifici”.
“Cosa ti hanno detto in ospedale? Ti rimarranno delle cicatrici?”
“Non sanno niente, ho due ustioni di secondo grado, una sulla fronte e sul cuoio capelluto - pare che i capelli non ricresceranno - e l’altra, meno grave, sul braccio…”
“Eh va beh! tirati su! avresti perso i capelli comunque. Almeno adesso hai una scusa”.
E tra una battuta e l’altra arriva il momento del cambio delle garze.
Alla vista delle ferite estese e dei tessuti interni della pelle, Nabil ricorda i momenti difficili della guerra: era volontario nel reparto delle Cure Intensive di un ospedale della città. Si ricorda le notti insonni passate vicino ai feriti durante il primo anno di guerra. La maggior parte dei feriti erano civili. Era ovvio, perché i combattenti e i militari avevano i mezzi per proteggersi e sapevano da dove provenivano i colpi, soprattutto il perché. L’immagine che l’ossessiona in questo momento è quella di Halima, una ragazza con ustioni gravi fino alle ossa. Chi l’ha violentata e ha incendiato la parte bassa del suo corpo era un folle, uno psicopatico liberato dall’ospedale psichiatrico dalle milizie, assieme ad altri pazienti, allo scopo di aumentare il caos nella città.
Durante i bombardamenti a tappeto sulle città, era pericoloso usare le camere iperbariche, quindi i medici avevano dovuto agire diversamente: incidere un taglio profondo fino all’osso, e tenere allo scoperto tutti i muscoli delle gambe per ossigenare i tessuti. Nabil le era stato vicino per cinque notti a disinfettare con pazienza e cura le sue ferite. Era quasi guarita quando dovettero spostarla dalle Cure Intensive per mancanza di posti letto ed eccesso di nuovi feriti. Qualche giorno dopo, fu informato dalla morte di Halima per setticemia.
“In guerra, la morte può raggiungere chiunque, eroi o meno!” Pensa tristemente Nabil, “Quello che è capitato a Halima sarebbe potuto capitare a chiunque, a mia sorella, a mia madre o a una mia amica! È proprio vero che in guerra, la vita e la morte dipendono da una beffarda fatalità!”

In quella mezz’ora si era formata una schiera di amici che aspettavano per salutare Farid dopo tanti anni di assenza, e per fargli gli auguri di buona guarigione.
Di visita in visita e tra un caffè e l’altro, passano le quattro ore delle disinfezione, e tante altre quattro ore.

Dopo due giorni, i medici dicono di essere meravigliati per la velocità della guarigione e del recupero del tessuto ustionato. I capelli riprenderanno la loro crescita naturale. C’è chi parla dell’effetto positivo dell’igiene e delle cure, c’è chi cerca la ragione nella prontezza di spirito di buttarsi nell’acqua fredda della piscina e altri, un po’ più mistici, danno il merito alla “pomata magica” della guaritrice. Ma per Farid il perché non ha nessun importanza, l’essenziale è che quest’episodio sia chiuso. Anche se è più grave del caso del passaporto perso in aeroporto, l’incidente si è concluso nei migliore dei modi. Ora si riprendono i programmi, i sogni. Bisogna rimettere il treno delle ferie sui binari giusti.
Di fatto, la sera stessa, Nabil e Nidàl s’incontrano con la loro vecchia compagnia di amici nel loro ristorante preferito, per organizzare la tanto desiderata visita a Wàdi Qadìsha.



[1] Byblos è un’antica città fenicia sulla costa del Libano circa 37 Km a nord di Beirut. (Appendice A).

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