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07 Nov

Cap. 3-1: È proprio vero che i momenti più intensi capitano solo quando non li si cerca

Parto da Faraya[1] verso le sue montagne, addentrandomi nei sentieri che serpeggiano lungo le infinite sorgenti d’acqua. Passo dall’una all’altra attingendo acqua. Una ad una, le sorseggio meditando sui loro nomi, Nab’el Hadid: Sorgente di Ferro, Nab’el Aasal: Sorgente di Miele: Nab’el Laban, Sorgente di Latte! Continuo a scalare le montagne. Estenuato, ogni volta che mi avvicino ad una cima penso che sia l’ultima.

Raggiunta ogni vetta, rimango meravigliato dallo splendore del suo paesaggio. Una volta raffreddata la mia eccitazione, mi ritrovo leggermente insoddisfatto come se mancasse qualcosa. Più mi riposo e più aumenta la mia insoddisfazione. Più contemplo la catena di monti che ondeggia davanti a me perdendosi nella foschia e più cresce in me il desiderio di raggiungere le altre vette. Quelle che ho già raggiunto non mi comunicano più niente, anzi, sono convinto che quelle nascoste in alto siano ancora più affascinanti. Purtroppo quelle successive non mi rivelano niente di nuovo. Più salgo e più mi accorgo che non c’è nessuna delle meraviglie che speravo.

Oltrepassata la soglia dei milleottocento metri il paesaggio si fa arido e desertico e mi rimane il vento freddo come unico compagno.

Cammino senza una meta certa, finché raggiungo una nuova vetta, dove il vento soffia più forte, tuttavia più caldo. Lì, vedo un cratere. Sì, proprio un cratere perfettamente rotondo come se fosse un vecchio e piccolo vulcano. Il diametro è di poche decine di metri e il fondo è piatto. Potrebbe essere il risultato di uno scontro con una cometa o una stella cadente, oppure, lasciando viaggiare la fantasia, può essere una base per l’atterraggio di navi extraterrestri! Lo oltrepasso pensando alla stranezza della natura.

Un secondo cratere mi aspetta, questa volta grande quanto un campo da calcio, ma sempre perfettamente rotondo. Continuo la mia salita sempre più incredulo, ma affascinato allo stesso tempo. Raggiunta una nuova vetta mi imbatto in un altro cratere, è enorme, ben tre volte più grande del secondo, pieno di spighe di frumento selvatico color oro, che fluttuano pettinate dal vento, sempre più forte e sempre più tiepido.

Curioso di sapere cosa mi nasconde la nuova vetta, accelero il passo. Una volta raggiunta, rimango senza fiato, senza parole, senza pensiero… mi trovo in vetta alla più alta montagna: un’immensa valle si presenta davanti ai miei occhi. Undici vette sottostanti formano una magnifica visione che scende fino al mare.

Sono arrivato al tramonto del sole. Il più bello che abbia mai visto e che mai vedrò in tutta la mia vita.

È proprio vero che i momenti più intensi capitano solo quando non li si cerca.

Mi siedo sul bordo del precipizio per contemplare il sole, quell’enorme sfera di colore rosso vivo che perde d’intensità man mano che cala verso il mare. Un falco vola laggiù, rimarcando l’altezza culminante a cui mi trovo e rinforzando il silenzio, quel silenzio nel non-silenzio.

L’astro del sole è sceso fino alla superficie infinita delle onde per affondare nel mare blu, verde e grigio. I suoi raggi nell’acqua assomigliano a serpenti che spariscono per riaffiorare di tanto in tanto in superficie. Non rimane che un semicerchio rosso spento che forma una sorta di cappello sull’acqua. Galleggia per qualche minuto e poi, con un ultimo palpito, trema e lascia il posto all’oscurità e alla nebbia della valle che si forma nel letto del fiume Janneh[2].


[1] Faraya(فريّا) : 40km a Nord-Est di Beirut. Si trova tra 1500 e 2500 metri di altitudine. (Appendice A).

[2] Una valle che a causa della sua bellezza soave è stata chiamata Janneh (جنّة) , “paradiso” in lingua araba


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