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05 Dic

Cap.5-3: Bisogna trovare un riferimento qualsiasi…

Il sole riuscì a forare le nuvole con i suoi raggi e ad illuminare la montagna di fronte. L’aria era pura, la foresta mise il suo tipico profumo di resina e di timo, e indossò un paesaggio verde, brillante e nitido. I colori rimpiazzarono il grigio, e la gioia spazzò via la mia malinconia. Il fruscio degli alberi e il sussurro dell’acqua del torrente erano un canto che usciva dal fondo dei polmoni della montagna e contornava la valle rendendola ancora più incantevole. Fui felice e corsi come un bambino. Estrassi la mia macchina fotografica dallo zaino e scattai foto su foto.

Dopo circa un’ora o due, la nebbia mi sorprese e mi svegliò dalla mia ebbrezza. Mi accorsi che la strada saliva verso la montagna e non, come aveva detto il padre superiore, in discesa verso il fondovalle.

Il bivio! Mi ero dimenticato del bivio. Ripresi il sentiero a ritroso in ricerca del crocevia, correndo nella nebbia, senza badare ai sassi, ai fossi e ai tronchi degli alberi rotti che mi bloccavano la strada. Il paesaggio davanti a me scomparve. Non fui nella solita nebbia, ma fui immerso in una nube, in una nuvola bassa. La paura si impossessò di me. Mi assalì dalla pianta dei piedi, attraversò la colonna vertebrale e mi gelò il sangue. Mi misi a correre, caddi più di una volta, fu preso dal panico. Dovetti calmarmi e ritrovare il mio punto di partenza, bisognava trovare un riferimento qualsiasi. Proseguii, guardando l’unica cosa che riuscii a vedere: la punta dei piedi. Poi, all’improvviso, così come apparve, la nube scomparve. Finalmente ritrovai il bivio. Oltre a perdere metà della mia vita per la paura, persi un’ora preziosa. Decisi di accelerare il passo per recuperare il tempo perduto.

Più scendevo e più si amplificava il rombo del torrente che copriva qualsiasi altro rumore. L’aria diventò satura di umidità e il rumore dell’acqua assordante.

Alla sola vista della velocità e della quantità d’acqua rabbiosa, mi vennero i brividi lungo la schiena. Come ogni anno, le piogge e lo sciogliersi della neve di tutta la catena montuosa si erano concentrati in questo torrente, facendolo mutare da un piccolo agnello docile durante l’estate, in un imponente lupo, gelido e spaventoso.

La mia reazione, quando vidi il ponte, fu di fare retromarcia e di tornare a casa. Era composto di soli due tronchi d’alberi di cedro che collegavano una riva all’altra. L’acqua lo raggiungeva da tutte le parti. Era bagnato e coperto di muschio e altra vegetazione viscida.

“Il bivio è qua!” riflettei, “Torno a casa e dichiaro la missione fallita o mi ci butto?”

Come in tutte le sfide che si rispettino non c’era tempo per pensare. Mi buttai! Testa in avanti, pancia contro il tronco, aggrappato con le mani e i piedi: decisi di attraversarlo abbracciandolo. Un centimetro alla volta, mi ritrovai in mezzo al torrente, con l’acqua ghiacciata che mi entrò nel naso, nelle orecchie, nella bocca, negli occhi… pioveva dal basso verso alto. Non sentivo che il boato dell’acqua che si sfracellava sulle rocce…

“NON VOGLIO MORIRE!”. Urlai a squarciagola ma non riuscì a sentire la mia voce. Avevo bisogno di riposarmi, ma non era né il momento, né il posto ideale… ero obbligato a procedere.

“Ce l’ho fatta”. Riuscii ad attraversalo. La gioia di esserci riuscito fu più forte della fatica e decisi di procedere. Si era fatta sera ed ero in ritardo.

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